Che dire di lui? Se non che non lo vedo. E’ uno smarrimento. C’è sempre da aver fretta nella stasi di un momento, che poi tremo per l’ignoto. Mi decido? Voglio gridare basta ad uno specchio, per tutti questi miei giorni inermi.
E a voi altri chinati con le mani in una pozza e dentro una busta paga bucata. Basta.
E a voi che perseverate nei viali dei vostri sogni, non fermatevi. Ricordatevi di ricaricare le armi. Le ho messe tutte via quelle mie maledettissime situazioni sgradevoli, ma sono pur sempre roba mia. Me le riprendo quelle vecchie scatole, la nostalgia è la migliore compagna. Sono sentimenti. Veloci i non classificati, ti superano dentro e fuori ti lasciano indietro. Sono come quei cuori impazziti che si battono pronti a giocare con quei pezzetti di vetro.
I miei momenti, i vostri momenti. Io consiglio un inno per ogni momento. Cantate.
Vite vissute, così sminuite, così inquinate. Io che in una nuvola ci sto tutta dentro, ho visto tra un forellino offuscato, deturpate le migliori bellezze, che nel quotidiano dimorano, costantemente ignorate. Come i bambini, sulla spiaggia l’argento. I pugni chiusi come pomodori che balzano, intrecciando relazioni tra le rincorse e il gioco ai pupazzi. Approfittatene, non torneranno facilmente quelle ore. Ho visto la neve sciogliersi sui mandaranci. Per molti contadini costava di più perfino raccoglierli. Per i più sensibili sarà un fiocco inciso sul polso. Per i meno fiduciosi l’apocalisse il giorno prima dei mandorli. L’odore di marcio. Mentre sulle nostre tavole bandite, si insinuano mele forestiere. Mentre per le loro sporche ragioni, niente resta più offensivo degli immigrati clandestini. Una terra in ginocchio. La rabbia in un volto e le lacrime trattenute.
I nuovi barconi. I nuovi voli dopo i giorni della merla. Fiori rosa. I nuovi fiocchi tra i frutteti. I mandorli, anche quest’anno saranno in fiore. Che vi pare?
Nella mia terra dei pupi, il sole ritorna presto a baciare le coste. Ci illude bene la grande palla dorata, noi di speranza non vogliamo mancare. Dentro le nostre case canzoni mai nate, strofe strappate, le melodie spezzate. La mamma legge gli harmony, dice che così ha imparato la geografia, poi guarda Ncis, di gomorra non ne vuole sapere. Ci chiedono di abbassare il volume e noi indossiamo le cuffie. Le melodie sempre spezzate. Io vi perdo tutti. Sempre per quella nuvola. In quelle parole che si fondono e si confondono ai miei sillogismi mai semplici, sempre contorti. Le voci le ho già confuse ed i suoni sono distorti. Qualcuno non ha accordato il piano. Altri hanno perso il buon uso delle dita e si scrocchiano una mano. Il basso non lo sento nemmeno, arranca, scava più in basso, vorrei vederlo risalire per accordarsi ai miei motivi. Usciremo da queste case, ci ritroveremo, restituiremo l’armonia tanto desiderata a tutte le nostre melodie. Tutti riuniti in una sala non troppo grande, né troppo piccola, comoda per noi gente di nicchia.
Che dire di lui? Non lo vedo ancora e ormai non me lo chiedo nemmeno. Non chiedetevelo. So che si svelerà da solo questo futuro, che davvero mi fa tremare. So che fa tremare anche voi. So che alla fine, a ciascuno il proprio orizzonte. Questa grande e fottutissima paura dell’ignoto, che si è portata via con se pure la mia ironia. Mi sembra di affogare in un mare. La cerco tutte le mattine nel caffè. La cerco in questo tempo, che lui renderà più bello. Ne sono sicura. So che lui lo porterà il bel tempo. A Voi, cosa hanno rubato a voi? Ci riprenderemo tutto. Peggio di così c’è solo un’estate senza lui. Lui che tanto, mai c’è stato per me. In questo campo fuori dai giochi, ho ancora un ultimo giro di ricognizione. Lo so. Un lungo mese, ce n’è voluto uno tutto intero. Raggiungiamoci. Qui a rimarcare sugli stessi passi, stanchi, senza rotta. I fossi sul battuto. A rimuginare siamo stanchi. Ci rimetteremo tutti le nostre vecchie scarpe, le più comode. Ricarico i gettoni e parto per altri giri di giostra, la cambio io la mia posizione. Ci ritroveremo. Tra le carte sudate. Maledette le notti disgraziate. La cambio io la mia posizione. Un vestito rosso e coriandoli con le foglie d’alloro. I conti con la calcolatrice. Conti fatti sempre più spesso, per dimostrare a quella stronza, che non serve farseli a mente per fare carriera. Che i conti tornano lo stesso. Per dimostrare, che a furia di svoltare a sinistra, tutte le maledettissime volte che mi dicono destra, alla fine la trovo anche io la mia strada.
Siete pronti? Ognuno ha il proprio viaggio da fare. Sventoleremo i nostri fazzoletti. Ci riconosceremo. Soli non resteremo. Raccoglieremo i frutti del nostro lavoro per metterli insieme. Costruire ponti, idee, progetti. Per fare cose grandi, bisogna partire da se. Partiamo. Ci vedremo tutti presto. Dimostriamo a quei signori, di cosa siamo capaci. Mettiamoli fuori dai giochi.